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Corte d'Appello di Bologna > Giusta Causa
Data: 16/11/2006
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 406/06
Parti: FIOM / Rizzoli Ortopedia S.p.A.
GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO – MANCATA AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE: IRRILEVANZA - NECESSARIA PROPORZIONALITÀ TRA SANZIONE E INFRAZIONE.


CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA 16 novembre 2006 n. 406/06 (Est. Benassi)

M. Cristina B. / CNA SERVIZI PARMA scarl

GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO – MANCATA AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE: IRRILEVANZA - NECESSARIA PROPORZIONALITÀ TRA SANZIONE E INFRAZIONE.

Art. 2119 cod. Civ.

Art. 7 legge n. 300/70

Art. 2105 cod. civ.

Art. 2106 cod. civ.

L’accusa mossa alla dipendente era quella di aver fatto ripetuto uso di attrezzature d’ufficio per esigenze estranee ai compiti assegnatile e di avere in particolare, un determinato giorno, inviato ad un estraneo alcune tabelle salariali. La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento avanti al Tribunale di Parma che lo aveva dichiarato illegittimo, pur avendo dichiarata infondata la censura relativa alla mancata affissione del codice disciplinare in quanto, nella specie, la cooperativa aveva posto alla base del licenziamento la violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 cod. civ., avendo contestato alla lavoratrice la non legittima trasmissione all’esterno, ad un soggetto sicuramente non abilitato a riceverle, delle tabelle salariali elaborate dalla CNA. Il primo giudice ha infatti ritenuta fondata la seconda censura con la quale era stata dedotta l’illegittimità del provvedimento espulsivo per sproporzione rispetto alla gravità dei fatti contestati. Ad identiche conclusioni perviene la Corte d’Appello di Bologna investita del caso a seguito di ricorso della società. I giudici di secondo grado considerano che la decisione del Tribunale è conforme al principio di diritto più volte enunciato dalla Suprema Corte (v. tra le tante Cass. n. 9299/04; n. 4061704; n. 13824/03) secondo cui in materia di licenziamenti la valutazione della gravità degli addebiti si risolve in una apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, il quale deve valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità dell’elemento intenzionale; dall’altro la proporzionalità tra i fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario sia tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare, definitivamente espulsiva. Nella valutazione del rapporto di proporzionalità, anche recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 10742/06), il giudice deve tenere conto non solo delle circostanze oggettive, ma anche delle modalità soggettive della condotta del lavoratore in quanto anche esse incidono nella determinazione della gravità della trasgressione e quindi della legittimità della sanzione stessa. Per quanto poi concerne la rilevanza di episodi simili a quello contestato ma non richiamati nella lettera di contestazione i giudici dichiarano che, “come ampiamente noto (v. tra le tante, Cass. n. 428/05), soltanto l’episodio espressamente contestato può essere posto a base del recesso e preso in considerazione ai fini della valutazione della sua legittimità. Anche di recente, infatti, la Corte di Cassazione (v., Cass. n. 12644/05) ha, in motivazione, ribadito che invero, nei licenziamenti disciplinari (per colpa, in senso generico, del lavoratore), la contestazione specifica preventiva dell’addebito al lavoratore incolpato (ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, cd. Statuto dei lavoratori) – secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (vedine le sentenze n. 204/82, 1068/88, 427/89, 364/91) e di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 4823/87, 9302/87, 935,1209/88, 3965, 4845/94 delle sezioni unite; n. 2287, 8956/93, 6988/98, 11265/2000, 9167/2003, 11245/2004 della sezione lavoro) – concorre ad assolvere la funzione di garanzia del diritto di difesa allo stesso lavoratore, nell’ambito del procedimento preliminare – contestualmente previsto – per l’intimazione del licenziamento (come per l’irrogazione di ogni altra sanzione) disciplinare. In coerenza con la funzione di garanzia prospettata, la contestazione specifica preventiva dell’addebito è condizione indefettibile di legittimità del licenziamento (come di ogni altra sanzione) disciplinare - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 10760/2000, 11279/2000, 8493/99, 5419, 2045/98, 11245/2004) - ed impone la corrispondenza fra gli addebiti contestati e quelli addotti a sostegno dello stesso licenziamento (o di altra sanzione) disciplinare. Tuttavia il requisito della specificità della contestazione degli addebiti deve riguardare – secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, oltre quelle citate, le sentenze n. 2238/95, 6877/88) – elementi, dati ed aspetti essenziali dei fatti materiali. Del pari coerentemente, l’attitudine a frustrare o, comunque, a pregiudicare la stessa funzione di garanzia delimita – secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 2287, 8956/93, 6988/98, 1265/2000, 9167/2003, 11245/2004, cit.) – l’operatività del principio di immutabilità dei fatti contestati. In altri termini, non risultano precluse dall’operatività degli stessi principi (di contestazione specifica preventiva dell’addebito, appunto, e di immutabilità dei fatti contestati) – in quanto compatibili con la funzione che, per quanto si è detto, ne risulta perseguita – le modificazioni dei fatti contestati, che non configurino come elementi integrativi di una fattispecie di illecito disciplinare diversa e più grave, ma riguardino circostanze prive di valore identificative della stessa fattispecie e, perciò, non precludano la difesa del lavoratore su base delle conoscenze acquisite e degli elementi a discolpa apprestati, seguito della contestazione dell’addebito”.

Conseguentemente la Corte d’Appello di Bologna rigetta l’appello proposto da CNA Servizi.